Pionieri
Le Alpi Occidentali sono il set sul quale il cinema d’alta quota ha mosso i primi passi, pochissimi anni dopo la prima proiezione fatta dai fratelli Lumière nel 1895 a Parigi. È datato 1901 il breve resoconto filmato di un’ascensione sul versante svizzero del Cervino, di autore non identificato, capostipite di una lunga serie di filmati su questa leggendaria montagna.
Nel 1911 il biellese Mario Piacenza documenta la salita dal versante italiano lungo la Cresta del Leone con una cinepresa della torinese Società Anonima Ambrosio. Nel 1913 è l’americano Frederick Burlingham, per la British Colonial Kinematograph Co., a riprendere la scalata della Gran Becca, con cinque guide che trasportano quindici chili di macchina da presa, dieci di treppiede e quattrocentocinquanta metri di pellicola. Nel 1911 ancora Piacenza riprende una scalata al Dente del Gigante, ma non è il primo a girare sul Monte Bianco: nell’estate del 1906 Joseph Vallot sale in vetta con un operatore a riprendere l’impresa.
Il film resta in cartellone per diversi anni al Casino di Chamonix. Mecenate, appassionato alpinista e scien- ziato, Vallot ha fatto costruire nel 1890 un osservatorio a poche centinaia di metri dalla cima del Monte Bianco, sostituendolo nel 1898 con un nuovo edificio poco più a valle dotato addirittura di un salone in stile cinese, oggi ricostruito nel Musée Alpin di Chamonix. Sul versante italiano la Ambrosio di Torino sale già nel 1910 con Giovanni Vitrotti, direttore della fotografia per tre brevi film di Arrigo Frusta. In quegli anni si vedono anche le prime opere di finzione, a partire da alcune comiche di Max Linder ambientate a Chamonix, o da un altro lavoro di Frederick Burlingham che, dopo il Cervino, gira ai piedi del Bianco un breve dramma tragicomico, in un intreccio tra fiction e documentario. Un modello narrativo che alle alte quote funziona ancora oggi.
1910 [ripresa], 1990 [stampa]
1910 [ripresa], 1990 [stampa]
1910 [ripresa], 1990 [stampa]
Foto di scena, 18 x 24 cm.
1910 [ripresa], 1990 [stampa]
Foto di scena, 18 x 24 cm.
1910 [ripresa], 1990 [stampa]
Foto di scena, 18 x 24 cm.
1910 [ripresa], 1990 [stampa]
Foto di scena, 18 x 24 cm.
1913
Manifesto, USA, 107 x 75,5 cm, litografia.Uno tra i primi manifesti di film girati sul Cervino, dove le prime riprese risalgono addirittura al 1901. L’inquadratura della cappella di Findeln, poco sopra Zermatt, con il Cervino sullo sfondo, è la stessa utilizzata per la locandina della produzione Walt Disney del 1995, dove però la Becca diventa a pois come il mantello di un dalmata..
Gran Bretagna
1925 ca.,
Locandina, Francia, 94,5 x 61 cm, tipografia e offset..
Francia
1996
Fotobusta, USA, 35,5 x 28 cm, offset..
USA
Salite
Come ha detto in un’intervista l’alpinista francese François Damilano, “L’alpinismo non esiste senza un racconto”. In effetti si tratta di uno sport parti- colare, che da sempre è accompagnato da una propria letteratura e, in tempi più recenti, anche da un proprio cinema.
Mentre il periodo tra le due guerre viene egemonizzato dal cinema di montagna tedesco, a partire dagli anni Cinquanta si afferma, principalmente in area francese e intorno al Monte Bianco, una cinematografia che racconta la montagna con un nuovo approccio, privilegiando la ripresa dal vero in opposizione alle ricostru- zioni della fiction. Un primo passo significativo in realtà viene fatto già nel 1943 con Premier de cordée di Luis Daquin, tratto dal romanzo di Roger Frison-Roche ambientato a Chamonix.
Ma è nel mondo del documentario che nascono le opere più interessanti. Registi come Marcel Ichac, operatori come René Vernadet e Georges Tairraz, alpinisti e guide come Lionel Terray e soprattutto Gaston Rébuffat, incrociano le proprie competenze per creare opere fondamentali nell’impostazione di una visione peculiare della montagna e dell’alpinismo, mostrati senza nasconderne i rischi, ma esaltando soprattutto le emozioni e la simbiosi tra uomo e natura. Un amalgama di azione e contemplazione lontana dagli schemi dei Bergfilm di area tedesca.
I film di Ichac per il loro innovativo realismo vengono apprezzati anche dai giovani critici dei “Cahiers du Cinema”. Rébuffat sfrutta gli angoli più spettacolari del massiccio del Monte Bianco e attraverso le sue inquadrature costruisce un’au- tentica e personale poetica della montagna. Un immaginario specifico, con cui ci confrontiamo ancora oggi, fatto di un alpinismo puro, quasi un’arte del salire verso l’alto annullando con grazia la forza di gravità. Si ritrovano tracce del suo stile in tutto il cinema di ascensione successivo: dai film degli anni Ottanta che mostrano i grandi free climber nelle Gole del Verdon, allo splendido, recentissimo, Au-delà des cimes, con Catherine Destivelle che omaggia direttamente il maestro, ricostruendo davanti alla cinepresa, questa volta con i droni e l’alta definizione, la più famosa immagine del cinema di Rébuffat.
1959
Manifesto, Francia, 154 x 115 cm, offset..
Francia
1959
Manifesto, Belgio, 55 x 36 cm, offset..
Francia
1959
Locandina, Cecoslovacchia, 40 x 28 cm, offset..
Francia
1953
Manifesto, Giappone, 72 x 51 cm, offset..
Francia
1980
Locandina, Francia, 43 x 30 cm, offset..
Francia
2002
Fotografia, 50 x 39,7 cm.
1921
Una coppia compie un'escursione sul Lyskamm, in prossimità del confine italo-svizzero. Gli alpinisti si perdono tra i ghiacci e, sorpresi da una tormenta, trovano riparo nel rifugio del Monte Rosa..
Germania
Discese
Sci, scialpinismo, sci ripido o snowboard. Quale che sia il metodo, qui si cambia direzione, si parte dall’alto e si cerca di arrivare in fondo. Il cinema, nato per immortalare e riprodurre il movimento, si è appassionato da subito a un’attività che ha la propria essenza nel dinamismo e nella spettacolarità. I modi sono molti, talvolta seri, talaltra scanzonati, ma la fascinazione della macchina da presa per l’impatto cinetico del discesismo è costante.
Maestro indiscusso e autentico creatore del genere è il tedesco Arnold Fanck. Giovane appassionato di cinema, ma anche di escursionismo e di arrampicata, Fanck intraprende la carriera cinematografica trovando la propria strada fuori dai teatri di posa in cui si realizzano i film espressionisti tedeschi. I suoi primi lavori, nei quali inizia ad affinare le tecniche di ripresa e di montaggio, sono dedicati allo sci con alcune scene splendide, come gli inseguimenti sulla neve in stile “caccia alla volpe”. Die Weisse Kunst del 1922 è ambientato tra Cervino e Monte Rosa. Nei decenni successivi, chiunque realizzi film sulla neve non può che confrontarsi con il suo stile, come capita al francese Christian-Jacque nel 1940 con Le Grand élan (Avventura al Grand Hotel) girato tra Chamonix e Tignes, ma anche a Mario Soldati nel 1951 con l’esilarante inseguimento tra Walter Chiari e Lucia Bosè sulle nevi di Sestriere in È l’amor che mi rovina. E ancora in zona Cervino e Monte Rosa, nel 1972, con Jean-Claude Killy.
Dopo aver vinto tre medaglie d’oro ai Giochi Olimpici Invernali di Grenoble del 1968, il campione tenta la carriera cinematografica con Snow Job (Grande slalom per una rapina) di George Englund. Poi tanto ripido e nuvole di polvere su entrambi i versanti delle Alpi, con le imprese impossibili degli sciatori estremi che anno dopo anno si “democratizzano” e vengono ripetute sempre più spesso, mentre le immagini degli smartphone e delle GoPro sui caschi raccolgono like sui social prima ancora che i protagonisti tolgano gli scarponi.
L’ascensione di una coppia con gli sci sul Monte Rosa. La salita si rivela molto più ardua del previsto e durante una tempesta devono ripararsi in un rifugio. Solo al calar del sole riescono a giungere in cresta e il ritorno avviene di notte: la coppia bivacca sul sentiero, seduta sulle corde e teneramente abbracciata.
1931
Programma, Germania, 24 x 30 cm..
Germania
1931
Programma, Germania, 24 x 30 cm..
Germania
1940
Manifesto, Francia, 159 x 120 cm, litografia..
Francia
1940
Locandine, Italia, 23 x 24,5, offset..
Francia
1940
Locandine, Italia, 23 x 24,5, offset..
Francia
1931
Programma, Germania, 24 x 30 cm..
Germania
1931
Programma, Germania, 24 x 30 cm..
Germania
1940.
Francia
1940
Foto di scena, 18 x 24 cm..
Francia
1921
Manifesto, Danimarca, 87,5 x 60 cm, litografia..
Germania
1940
Foto di scena, 24 x 18 cm..
Francia
1951
Fotobuste, Italia, 50 x 34 cm, offset..
Italia
1951
Fotobuste, Italia, 50 x 34 cm, offset..
Italia
1968
Manifesto, Francia, 156 x 116 cm, offset..
Francia
2016
Manifesto, Italia, 50 x 35 cm, stampa digitale..
Italia
1968
Manifesto, Polonia, 84 x 59 cm, litografia..
Francia
1972
Fotobuste, Francia, 28,5 x 22,5 cm, offset..
USA
1972
Fotobuste, Francia, 28,5 x 22,5 cm, offset..
USA
1972
Manifesto, Francia, 122 x 80 cm, offset..
USA
1961
Film costruito intorno alla figura di Brigitte Bardot, al culmine della carriera, con le scene sulla neve girate all’Hotel Hermitage, in Vercors. L’esclusiva struttura, non lontana dalla cima delle Trois-Pucelles, che dominano Grenoble, era raggiungibile solo in funivia e per promuoverla il proprietario spesso invitava grandi star come la Bardot. Ma a causa della risalita troppo esposta al vento, l’albergo era spesso irraggiungibile e chiuse nel 1975, per essere smantellato nel 2001..
Francia
Sci Dynastar Compact e casco appartenuti a Stefano De Benedetti, usati in alcune tra le sue principali discese di sci estremo negli anni Ottanta. Per sicurezza l’attacco era stato montato dallo stesso sciatore con viti passanti. Sono lunghi 203 cm.
Sogni
Il grande cinema frequenta le montagne fin dalle origini. Basti pensare a Giovanni Pastrone che, nel colossal Cabiria del 1914, fa passare le Alpi ad Annibale in quel di Usseglio, Valli di Lanzo, oppure ad Abel Gance che, nel capolavoro La Roue (La rosa delle rotaie) del 1922, ambienta a Chamonix la seconda parte del film, con riprese realizzate anche in quota tra molte difficoltà.
Ma sono le troupe di Hollywood, la fabbrica dei sogni per eccellenza, che negli anni Cinquanta invadono i luoghi simbolo delle Alpi Occidentali. Prima la R.K.O. si installa a Chamonix per le riprese di The White Tower (La torre bianca) di Ted Tetzlaff, con Alida Valli e Glenn Ford, uscito nel 1950. La vicenda è ambientata in Svizzera, ma non trovando una vetta adatta a rappresentare la montagna del titolo, i tecnici risolvono la questione dipingendola su uno sfondo per poi inserirla nelle inquadrature girate in zona Monte Bianco. Poi arriva la Paramount con The Mountain (La montagna) di Edward Dmytryck, del 1954, ispirato al romanzo La neige en deuil di Henry Troyat, che racconta dell’aereo “Malabar Princess”, schian- tatosi sul Monte Bianco nel 1950 poco sotto l’Aiguille du Goûter. Protagonisti sono Spencer Tracy nella parte di un’anziana guida, insieme al giovane e avido fratello interpretato da Robert Wagner.
Nel 1959 Walt Disney chiude questa trilogia di sogni hollywoodiani con Third Man on the Mountain (La sfida del terzo uomo) di Ken Annakin, girato tra Chamonix e Zermatt. Il film si ispira ampiamente alle vicende e ai personaggi della prima ascensione al Cervino nel 1865, con Michael Rennie che interpreta il Capitano Winter (Whymper) e il Cervino che diventa Cittadella. Il produttore scrittura personalmente Gaston Rébuffat come direttore dell’unità per le riprese in parete ed è lui stesso a dirottare parte dei lavori sul Monte Bianco, più facilmente accessibile, dove si avvale anche di Georges Tairraz come operatore. L’esperto Disney ha capito quale sia l’avanguardia del cinema di alpinismo e l’ha messa a libro paga.
1950
Manifesto, Danimarca, 84 x 61 cm, litografia..
USA
1947
Volantino, USA, 27,5 x 21 cm, offset..
USA
1947
Foto di scena, USA, 20,5 x 26 cm..
USA
1922
Programma, Francia, 22,5 x 28 cm, offset e litografia..
Francia
1956
Manifesto, USA, 104 x 68,5 cm, offset..
USA
1922
Programma, Francia, 22,5 x 28 cm, offset e litografia..
Francia
1956
Manifesto, Giappone, 72 x 51 cm, offset..
USA
1956
Locandine, Italia, 48 x 68 cm, offset..
USA
1956
Locandine, Italia, 48 x 68 cm, offset..
USA
1955 [ripresa], 1990 [stampa]
Spencer Tracy e Walter Bonatti
/
1955 [ripresa], 1990 [stampa]
Spencer Tracy e Camille Tournier, guida alpina di Chamonix sua controfigura sul set
1950
Oggetti rinvenuti nel 1985 dagli alpinisti Patrick Gabarrou e Carlo Stratta sul Monte Bianco.
1959
Manifesto, Giappone, 72,5 x 51,5 cm, offset.. USA
1959
Fotobusta, USA, 28 x 35,5 cm, offset..
USA
1959
Fotobusta, Gran Bretagna, 20,5 x 25,5 cm, offset..
USA
1959
Manifesto, Gran Bretagna,
76 x 101,5 cm, offset..
USA
Incubi
La macchina dei sogni del cinema si è spesso nutrita di incubi per costruire lo spettacolo. La linea che separa la felicità dalla tragedia è sottile quanto le creste più affilate e la suspense cinematografica si nutre di questa precarietà.
Le grandi produzioni ambientate in montagna da un lato raccontano le avventure che gli spettatori sognano ma non vivono, dall’altro giocano con incubi e paure per inchiodare il pubblico alle poltrone.
Accade così che le più famose tragedie alpinistiche diventino soggetti di film. Uno dei casi più conosciuti è legato alla conquista del Cervino nel 1865, quando la cordata di sette alpinisti capeggiata dall’inglese Edward Whymper arriva in vetta precedendo gli italiani guidati da Jean-Antoine Carrel, ma quattro uomini cadono durante la discesa. Ben prima di appassionare Walt Disney, la vicenda ha avuto un ruolo fondamentale nella carriera del gardenese Luis Trenker ed è emblematica per l’intero genere del Bergfilm tedesco degli anni Trenta. Film tecnicamente eccel- lenti nei quali l’alpinismo è spesso vissuto come scontro tra le forze della natura e la volontà indomabile dei protagonisti, uomini d’acciaio che rivisti oggi sembrano fatti apposta per veicolare le ideologie nazionaliste dell’epoca.
Der Kampf ums Matterhorn del 1928 è il primo film di Trenker, che recita nella parte di Carrel, dirigendo solo le scene in parete. Nel 1937 con Der Berg Ruft (La grande conquista) ritorna sullo stesso soggetto anche come regista, proponendo una ricostruzione molto più accurata, con una magistrale sequenza dedicata all’inci- dente. Passano quasi cent’anni e nel 1961, sul Pilone Centrale del Freney al Monte Bianco, ci sono altri sette alpinisti, questa volta bloccati dal maltempo. Di nuovo solo in tre tornano a casa: Walter Bonatti, Roberto Gallieni e Pierre Mazeaud. Lo racconta nel 1972 il tedesco Lothar Brandler in Der Blitz. Inferno am Mont Blanc, con Mazeaud che recita se stesso, rivivendo uno dei peggiori incubi della storia dell’alpinismo. Pochi anni dopo, nel 1975, Mort d’un guide di Jacques Ertaud, strizza l’occhio al genere del giornalismo d’inchiesta e regala un acuto ritratto del mondo alpinistico chamoniardo.
SYNDABOCKEN (THE COMPULSORY HUSBAND)
Monty Banks (Mario Bianchi) e Harry Lachman, 1930, Gran Bretagna. Manifesto, Svezia, 100 x 70 cm, litografia.
LE DRAME DU MONT CERVIN (DER KAMPF UMS MATTERHORN / La grande conquista)
Mario Bonnard e Nunzio Malasomma, 1928, Germania. Manifesto, Francia, 160 x 120 cm, litografia.
Carrel Jean-Antoine guide de Valtournenche.
Libretto di guida 1862-1890, 13 x 18 cm, 156 p. (manoscritte).
INFERNO AM MONTBLANC. L’ECLAIR - DER BLITZ.
Lothar Brandler, 1972, Germania. Manifesto, Germania, 84 x 60 cm, offset.
INFERNO AM MONTBLANC. L’ECLAIR - DER BLITZ
Lothar Brandler, 1972, Germania. Manifesto, Germania, 84 x 60 cm, offset.
MORT D’UN GUIDE
Jacques Ertaud, 1975, Francia. Manifesto, Francia, 170 x 119 cm, offset.
MORT D’UN GUIDE
Jacques Ertaud, 1975, Francia. Fotobuste, Francia, 21,5 x 27,5 cm, offset.
MORT D’UN GUIDE
Jacques Ertaud, 1975, Francia. Fotobuste, Francia, 21,5 x 27,5 cm, offset.
2014
Locandina, Svezia, 60 x 40 cm, offset..
Svezia, Francia, Danimarca, Norvegia
1943
Grande realismo e pochi trucchi, con riprese in parete realizzate anche da Georges Tairraz, per un film che raccontando le opposizioni tra padre e figlio, vette e vallate, volontà e dovere, incita con discrezione alla lotta e alla resistenza. Collabora anche Roger Frison-Roche, autore del romanzo omonimo, che però lascia la lavorazione per unirsi alla lotta partigiana e vede il film per la prima volta di nascosto, dalla cabina di un proiezionista..
Francia
Velocità
Lo sci è sempre stato sulla giusta lunghezza d’onda con il cinema, mentre l’alpinismo può risultare lento se non supportato dal giusto montaggio. Ma la modernità ha introdotto la velocità anche in questo mondo: prima i concatenamenti di cime e poi le competizioni hanno definitivamente cambiato il ritmo.
Der Sohn der Weissen Berge (I cavalieri della montagna) di Mario Bonnard, del 1930, è il film girato ai piedi del Cervino con cui Luis Trenker interrompe la colla- borazione con il maestro Arnold Fanck, avviando la propria carriera di autore e regista, oltre che di attore. Il grande manifesto dell’edizione francese del film, disegnato da Boris Bilinsky, propone una composizione e una resa grafica della velocità d’impronta quasi futurista.
Ma il ritmo, sia sportivo sia cinematografico, cambia radicalmente molto tempo dopo, negli anni Ottanta, les années fluo, e anche questa volta è il versante francese a fare scuola. Gli alpinisti e le cineprese salgono sugli elicotteri e accelerano con i concatenamenti e le ascensioni solitarie in velocità: Christophe Profit nel 1985 scala slegato in 3 ore e 10 la Ovest del Petit Dru immortalato da Nicolas Phillibert in Christophe. Nel 1987 è ancora Profit a vincere di un soffio la sfida nel concatenamento delle Nord di Eiger, Cervino e Grandes Jorasses. Ed è di nuovo Phillibert a raccontare l’exploit in Trilogie pour un homme seul. Il punto di vista di Éric Escoffier, arrivato secondo nella sfida, è raccontato da Jean Afanassieff in Faces Nord.
Nello stesso anno Jean-Marc Boivin unisce le discese estreme da cinque cime del Bianco spostandosi in parapendio o deltaplano, anche lui ripreso da Afanassieff in Descentes (Discese). L’Italia dice la sua nel 1985, quando a Bardonecchia viene organizzata la prima competizione internazionale di arrampicata Sport Roccia 85, vinta dal tedesco Stefan Glowacz e dalla francese Catherine Destivelle. Il film ufficiale della manifestazione è Fino all’ultimo spit. In arrampicata sportiva, diretto da Aldo Audisio e Vincenzo Pasquali e prodotto dal Museo Nazionale della Montagna. L’arrampicata esordirà alle Olimpiadi del 2020 e le gare oggi si vedono in diretta online.
LES CHEVALIERS DE LA MONTAGNE (DER SOHN DER WEISSEN BERGE / I cavalieri della montagna)
Mario Bonnard, 1930, Germania e Francia. Manifesto, Francia, 156,5 x 240 cm, litografia.
JAMES BOND IN AGENTE 007 AL SERVIZIO SEGRETO DI SUA MAESTÀ (ON HER MAJESTY’S SECRET SERVICE)
Peter Hunt, 1969, Gran Bretagna. Locandina, Italia, 70 x 33 cm, offset.
007 THE WORLD IS NOT ENOUGH (007 Il mondo non basta)
Michael Apted, 1999, Gran Bretagna, USA. Carte da gioco, USA, 6 x 9 cm, offset.
95
FINO ALL’ULTIMO SPIT. IN ARRAMPICATA SPORTIVA
Aldo Audisio e Vincenzo Pasquali, 1985, Italia. Manifesto, Italia, 68 x 48 cm, offset.
PUSHING THE LIMITS
Thierry Donard, 1994, Francia. Manifesto, Francia, 40 x 54 cm, offset.
Lentezza
La montagna vissuta dai montanari sembra essere l’unica ad aver mantenuto la caratteristica originale di un mondo difficile e faticoso, da percorrere a piccoli passi. Un mondo spesso idealizzato dal cinema come emblema di purezza e felicità, sulla falsariga della retorica tipica di molte trasposizioni per lo schermo di Heidi.
A quel tipo di rappresentazione si sono opposti film e documentari di taglio reali- stico, come il francese La Trace del 1983, diretto da Bernard Favre su sceneg- giatura di Bertrand Tavernier, pubblicizzato dal bel manifesto di Moebius. Il film rappresenta perfettamente la realtà alpina della Savoia ottocentesca, con i suoi ritmi dettati dalle stagioni. Il protagonista alle prime nevi lascia gli alpeggi e la famiglia, per trascorrere l’inverno percorrendo a piedi il Nord Italia come venditore ambulante. In primavera, quando giunge il momento di tornare a casa, trova una nuova frontiera a sbarrargli la strada: è il 1860 e la Savoia è appena diventata francese.
Il clima e l’ambiente limitano le risorse, rendendo duri la vita e il lavoro. Mentre le vecchie generazioni si aggrappano alle tradizioni, le nuove cercano di inventare nuovi percorsi per non abbandonare le valli. Sono gli argomenti di molti documentari e di alcuni film coraggiosi come La Dernière saison di Pierre Beccu, del 1991, girato sulle montagne di Chambéry, che suggerisce questi temi già nel manifesto, mostrando in primissimo piano il volto segnato del protagonista. Una scelta di comunicazione simile a quella fatta nel 2005 per Il vento fa il suo giro di Giorgio Diritti, girato in alta Valle Maira, un vero caso cinematografico ispirato a una storia realmente accaduta. Il racconto delle peripezie di un pastore francese che si installa con il suo gregge in un villaggio delle Alpi Marittime, non riuscendo però a integrarsi; la produzione a budget limitato e infine l’uso di attori non professionisti che recitano in italiano, francese e occitano, avrebbero fatto pensare a una difficile circuitazione del film. Invece la qualità dell’opera e percorsi di distribuzione alter- nativi ne hanno sancito il successo, rendendolo un vero e proprio cult movie.
LA TRACE
Bernard Favre, 1983, Francia. Manifesto, Francia, 157 x 115 cm, offset.
LA TRACE
Bernard Favre, 1983, Francia. Fotobusta, Francia, 21 x 27,5 cm, offset.
LA DERNIERE SAISON
Pierre Beccu, 1991, Francia. Manifesto, Francia, 160 x 118 cm, offset.
IL VENTO FA IL SUO GIRO
Giorgio Diritti, 2005, Italia. Manifesto, Italia, 140 x 100 cm, offset.
Confini
Per gli abitanti delle Alpi le creste non hanno mai rappresentato un confine.
Per gli Stati i confini nazionali, salvo alcune eccezioni, coincidono con le Alpi Occidentali fin dalla nascita del Regno d’Italia e c’è da sempre chi tenta di superarli.
Il cinema ha descritto contrabbandieri e malviventi, perseguitati politici o migranti stagionali, clandestini vecchi e nuovi, raccontandone i tentativi disperati di passare la linea di demarcazione. Nel 1948 Mario Soldati dirige Fuga in Francia, la storia di un ex gerarca fascista che tenta di espatriare. Passa da Moncalieri a Oulx, poi sale verso la frontiera del Moncenisio, con riprese effettuate anche alla diga di Roche- molles e sullo Chaberton. Nella parte di un reduce recita anche Pietro Germi, che sul set viene a sapere di un gruppo di uomini quasi morti congelati tentando di superare le Alpi in Valle d’Aosta. Un fatto di cronaca che prima diventa un romanzo e, nel 1950, soggetto del film dello stesso Germi Il cammino della speranza, titolo preferito al Terroni inizialmente ipotizzato. Dopo la chiusura di una miniera di zolfo in Sicilia, i minatori e le famiglie decidono di espatriare e iniziano un viaggio epico attraverso l’Italia, che culmina con il passaggio del colle del Monginevro. Immagine celeberrima che sta ritornando fatalmente d’attualità. Le stesse montagne sono oggi inquadrate da quei registi che, attraverso i loro documentari, ci raccontano la tragedia delle nuove migrazioni.
Noi scegliamo di concludere con l’ironia amara di due grandi comici in La legge è legge di Cristhian-Jaque, del 1958. Nel paese immaginario di Assola, diviso a metà dalla linea di confine tra la Francia e l’Italia, in provincia di Cuneo, sono scintille tra il gendarme francese Fernandel e il contrabbandiere napoletano Totò. Sarebbe troppo bello se fosse vero e infatti non tutto lo è: il film non è girato in Piemonte, ma a Venafro, in Molise. Anche questo è cinema.
1950
Manifesto, Francia, 158 x118 cm, litografia.
117.
Italia
1950
Fotobuste, Italia, 35 x 50 cm, offset..
Italia
1950
Fotobuste, Italia, 35 x 50 cm, offset..
Italia
1958
Fotobuste, Francia, 24 x 30 cm, offset..
Francia, Italia
1958
Fotobuste, Francia, 24 x 30 cm, offset..
Francia, Italia
1948
Locandine, Italia, 50 x 35 cm, offset..
Italia
1948
Locandine, Italia, 50 x 35 cm, offset..
Italia
1948
Programma, Italia, 32,5 x 24 cm, offset..
Italia
1914
Colossal di Giovanni Pastrone sulla Seconda Guerra Punica realizzato a Torino, con parte degli esterni girati tra i laghi di Avigliana e i dintorni di Usseglio, nelle Valli di Lanzo, dove il regista fa attraversare le Alpi ad Annibale..
Italia
INTERNATIONAL ALLIANCE FOR MOUNTAIN FILM
Promuovere, valorizzare e conservare la cinematografia di montagna
Autrans, Francia; Banff, Canada; Bansko, Bulgaria; Bilbao, Spagna; Brașov, Romania; Breuil- Cervinia e Valtournenche, Italia; Domžale, Slovenia; Dundee, Gran Bretagna; Graz, Austria; Heerlen, Olanda; Kathmandu, Nepal; Kendal, Gran Bretagna; Kraków, Polonia; Les Diablerets, Svizzera; Lugano, Svizzera; Poprad, Slovacchia; Sondrio, Italia; Tegernsee, Germania; Telluride, Stati Uniti; Teplice nad Metují, Republica Ceca; Torelló, Spa;na Torino, Italia; Trento, Italia; Ulju, Corea del Sud; Ushuaia, Argentina; Wanaka, Nuova Zelanda; Zakopane, Polonia.
Fondata nel 2000 al Monte dei Cappuccini di Torino con l’obiettivo di promuovere, valorizzare e conservare la cinematografia di montagna, l’associazione unisce il Museomontagna, che ne è coordinatore e sede ufficiale, e 26 festival di cinema di montagna provenienti da tutto il mondo. Alcuni direttori hanno registrato brevi video, raccontando quali siano i loro film preferiti sui limiti e quali sui confini: si tratta di esperti europei, asiatici e americani, che in questo caso non parlano solo delle Alpi, ma delle montagne del mondo intero, aggiungendo al percorso una prospettiva internazionale.